Estratto di una Intervista di Rita Rombolotti a Gerardo Femina di Europa per la Pace del luglio 2022
Come immagini che dal basso possa crearsi una grossa convergenza di tutte quelle forze che stanno andando nella stessa direzione?
Se vediamo come è la realtà oggi questa convergenza sembra un’utopia di brave persone che vivono però in un’altra realtà, che non è quella concreta. Sembra proprio impossibile poter convergere. Oggi non si riesce a mettere d’accordo nemmeno quattro persone in una famiglia su cosa mangiare o cosa fare il sabato sera, figurarsi mettere d’accordo 60 milioni di persone! Ma l’esempio della Repubblica Ceca è interessante. Anche allora, quando si voleva installare la nuova base militare, sembrava che tutti fossero d’accordo. Ascoltando i mezzi di informazione, non solo quelli televisivi e radiofonici, ma anche le informazioni che circolavano su internet, sembrava che la maggioranza della popolazione fosse d’accordo con l’installazione. Poi si facevano i sondaggi e il 70% era contrario. Ma questa voce di protesta non veniva ascoltata. Lentamente, la gente cominciò a manifestare, superò la paura delle conseguenze che potevano derivare dall’esprimere liberamente le proprie opinioni. Questa reticenza fu superata sia dalle ‘persone normali’, tra virgolette, che smisero d’aver paura di essere criticate da un amico, di essere viste come degli stupidi, ma anche da personaggi che avevano un certo ruolo sociale: attori, registi, politici. Qualcuno ruppe questa paura e tutta la società civile cominciò a manifestarsi. Ricordo benissimo un regista famoso, un’attrice molto famosa e politici conosciuti che si distanziarono dai loro partiti, perché vedevano questo progetto come un progetto assurdo, violento, pericoloso, come una inutile provocazione alla Russia e un passo verso la guerra. E cominciò un movimento che fu veramente molto grande.
Una cosa con cui dobbiamo fare i conti è che le persone sentono che quello che fanno è inutile.
E questa impotenza, questa frustrazione e questa sfiducia sono parte di quel sistema violento di cui parlavamo prima. Prima lo abbiamo visto dal punto di vista, diciamo, esterno, sociale e politico, dei gruppi di potere che controllano il tutto sociale. Ma quel sistema violento è fondamentalmente una mentalità, un modo di pensare che vede l’essere umano come una macchina biologica, impotente, che ha dei limiti. Diverso è vedere l’essere umano, come si diceva tanti anni fa, come il centro dell’universo e credere che la propria vita dipende da noi. È un altro punto di vista, che dà un valore diverso all’essere umano. Quella fiducia si conquista sia riflettendo sia facendo piccole cose. Con piccoli tentativi si acquisisce fiducia. Tornando all’esempio della Repubblica Ceca, l’insieme è molto di più della somma delle parti, per cui basta che uno cominci, un altro continui, e si crea un fenomeno importante. Allora, anche se in Italia si è un po’ persa la paura di parlare, si tratta solo di esempi isolati, che per ora non convergono in un progetto comune. Quando in Repubblica Ceca, per esempio, quell’attore decise finalmente di parlare, si richiamò a un movimento, che si chiamava Nezakladnam, che portava avanti quella lotta nella Repubblica Ceca. Prese una posizione, perché tante espressioni singole, di individui isolati, non servono a nulla, devono convergere verso qualcosa. Io penso che si possa creare un movimento popolare nonviolento, però bisogna fare degli sforzi. Gli sforzi andrebbero fatti proprio dalle persone che hanno già una certa sensibilità, che hanno le loro organizzazioni. Benissimo che abbiano i loro piani, molto bene, ma abbiamo bisogno di comprendere che è necessario trovare delle azioni comuni su cui convergere.
Quali azioni? Nonviolente. Quando si sente il termine nonviolenza si pensa sempre ad una cosa debole. Ma perché ci si dimentica di quello che ha fatto Martin Luther King. Martin Luther King, boicottando i mezzi di trasporto creò un movimento di una potenza tale che alla fine permise ai neri in America di fare un passo avanti. Con Gandhi, gli indiani riuscirono addirittura a ribellarsi all’impero inglese, uno degli imperi più violenti esistiti nella storia. Riuscirono a farlo producendo direttamente gli abiti e non comprandoli più dall’Inghilterra.
La nonviolenza è una scelta individuale, ma la sua forza è enorme quando diventa una forza sociale.
Si evince da quello che stai dicendo che è importante essere in tanti. È una forza che si attiva con un numero critico.
E infatti molti dicono:” Io sono nonviolento”, intendendo con questo che sono brave persone, ma tutti siamo brave persone. In generale, la gente non vuole la guerra. Siamo tutti d’accordo. Nella storia, come dice Chomsky, la guerra l’hanno voluta sempre i leader. Noi vogliamo vivere tranquilli. Chiunque vuole vivere tranquillo e stare bene. Nonviolenza, invece è ribellarsi alle forme di violenza, non accetto la violenza e creo delle attività, delle azioni che mi permetteranno di contrastarla. Qual è la migliore? Non partecipare. In Italia c’è un giornale che fa molta pubblicità alle armi. “Diamo le armi”, sostiene, perché è legato alle industrie militari belliche. Non compriamo più quel giornale!
Bene, mi viene da dire. Questo movimentò popolare nonviolento, che dovrebbe nascere dal basso, potrebbe trovare un punto di convergenza proprio nel coordinare grandi azioni di boicottaggio.
E, per di più, queste azioni nonviolente hanno una potenza incredibile, perché fanno comprendere alla gente che il reale potere è nelle sue mani. Infatti, non è un caso che della nonviolenza non si sa nulla. Prendiamo una persona qualunque, chiediamole che cosa ha fatto Martin Luther King, che cosa ha fatto Gandhi, che cosa dice Silo della nonviolenza attiva. Non ne sa nulla, perché al sistema non conviene che la gente sappia che può operare cambiamenti. Come mai non si sa nulla di un movimento popolare che in Cechia è riuscito a dire no agli Stati Uniti che volevano imporre una base militare? Perché nessuna informazione su questo, quando circolano miliardi di informazioni su dettagli completamente inutili? Perché la cosa che il sistema assolutamente non vuole è che le persone si rendano conto che il potere sta nelle loro mani, che prendano coscienza delle possibilità che hanno come essere umani.
Una persona che ci ascolta cosa potrebbe fare come primo passo?
La prima cosa è rimanere tranquilli e farsi domande importanti sulla propria vita.
L’altra, difendersi dall’ipnosi dei mezzi di informazione. È difficile comprendere che tutta l’informazione che viene data è un’informazione di parte. Come succede nella vita quotidiana. Un amico ti parla della situazione con la moglie, racconta le cose più orribili che ha fatto sua moglie e ti dice che ora vuole lasciarla…Se poi parli con la moglie ti dirà una cosa completamente opposta! La propaganda qui è la stessa che hanno i russi a casa loro. Gli viene raccontata la medesima storia: il loro è il migliore dei mondi possibili, dove c’è libertà e ricchezza e l’Occidente minaccia continuamente la loro democrazia. Il racconto è lo stesso e si mettono gli uni contro gli altri. Il sistema è uno solo. Alcuni hanno il potere e noi siamo ingranaggi. Allora il vero cambiamento comincia quando comprendiamo che non siamo ingranaggi ma esseri umani. Magari si studiassero almeno gli umanisti storici per vedere cosa dicevano sull’argomento…
In pratica, chi vuol fare di più può partecipare ai comitati di città per la pace e contro la guerra che esistono già o crearne di nuovi con altri.
C’è davvero molto che si può fare, dalle cose più piccole a quelle più grandi.
Europa per la Pace
#Europe for Peace