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Venti di guerra tra Russia, Siria e Turchia
Martedì 24 novembre 2015 alle 09:20 un aereo militare appartenente all’esercito russo è stato colpito da una postazione militare dell’esercito turco. Mentre l’aereo cadeva sul territorio siriano, i due piloti sono stati colpiti dai ribelli locali.
La presenza della Russia nella guerra civile siriana è ormai evidente, ufficiale e massiccia da circa due mesi. Mentre gli aerei russi bombardano le postazioni delle organizzazioni terroristiche che lottano contro l’esercito nazionale, la Turchia accusa la Federazione Russa di combattere anche contro i ribelli delle opposizioni da essa sostenute. Il conflitto sulle posizioni di questi due paesi nella guerra siriana era diventato pubblico anche grazie all’intervento del presidente Vladimir Putin durante l’incontro dei G-20 ad Antalya qualche giorno fa. Secondo Putin tra i 40 paesi che finanziano l’organizzazione terroristica alcuni fanno parte del G-20. Ovviamente la critica del presidente russo era rivolta anche al governo turco, dato che ormai è palese, pubblico ed evidente quanto sia attivo e presente l’ISIS sul territorio turco dall’inizio della guerra in Siria. Putin specificava che aveva le prove dei rapporti commerciali tra l’ISIS e alcuni paesi riguardo alla vendita del petrolio.
Pochi giorni dopo l’incontro i bombardamenti aerei russi insieme alle operazioni dell’esercito siriano hanno spinto alla fuga le popolazioni turcomanne nel nord della Siria e l’Ente per la Gestione delle Emergenze (AFAD) ha iniziato ad allestire il primo campo profughi al confine. Il 20 novembre il Primo Ministro Ahmet Davutoglu ha annunciato ai media la convocazione dell’ambasciatore russo per protestare contro l’intervento militare in zona della Russia.
Pochi giorni dopo, secondo il comunicato ufficiale del Capo di Stato Maggiore, nonostante diversi avvisi un aereo militare di appartenenza ignota è stato colpito dagli F-16 dell’esercito. Dopo pochi minuti, grazie ai video diffusi dall’Agenzia di notizie DHA, si vedeva la caduta di un aereo e la fuga di due piloti con il paracadute. Secondo quanto è stato riferito a un giornalista della DHA presente in Siria dall’ufficiale dei ribelli turcomanni Alpaslan Çelik, i piloti sono stati colpiti e uccisi. Nelle ore successive in un altro comunicato del Capo di Stato Maggiore si specificava che l’aereo colpito apparteneva all’esercito russo; nonostante diverse comunicazioni i piloti avevano continuato a invadere lo spazio aereo della Turchia e così l’aereo era stato colpito secondo le regole di ingaggio internazionale.
Subito dopo sono arrivate le prime reazioni dalla Russia. Dopo l’incontro con il Re di Giordania Abdullah II, Vladimir Putin ha dichiarato: “Nonostante l’accordo bilaterale stipulato per evitare incidenti del genere, la Turchia ha colpito un nostro aereo. La Russia si sente pugnalata alla schiena. I nostri aerei non rappresentavano un pericolo per la Turchia. Quest’azione avrà delle conseguenze molto serie nel rapporto tra i due paesi”.
Il Primo Ministro Ahmet Davutoglu invece ha difeso la decisione di abbattere l’aereo russo, specificando che l’esercito protegge i confini del paese. Davutoglu ha specificato che il governo difenderà sempre tutte le popolazioni represse dal governo siriano e da tutte le forze esterne presenti in Siria. Successivamente anche il presidente della Repubblica si è unito alle dichiarazioni del Primo Ministro.
Anche Jens Stoltenberg, Segretario Generale della Nato, si è pronunciato sull’accaduto: “Le dichiarazioni della Turchia corrispondono a quello che abbiamo osservato anche noi. L’obiettivo della Russia deve essere combattere contro l’ISIS ma a quanto vediamo non è così. Lavoreremo perché non ci siano altre conseguenze negative”.
In una riunione congiunta il Presidente statunitense Barack Obama e il suo collega francese François Hollande hanno specificato che la Turchia ha usato il suo diritto all’autodifesa e definito molto spiacevole l’accaduto, specificando che lavoreranno per ristabilire la situazione.
Nelle ore successive dalla Russia è arrivata un’altra dichiarazione. Il Ministro degli Esteri Sergey Lavrov ha annullato la sua visita in Turchia e ha invitato i cittadini a non visitare il paese, considerando l’alto rischio di attacchi terroristici. Secondo la notizia diffusa da Cnn Turk, la Natalie Tours, una delle maggiori agenzie russe a operare in Turchia, ha annullato temporaneamente la vendita dei viaggi. Dopo la caduta dell’aereo russo la Borsa di Istanbul ha subito un calo del 4,3%. Secondo l’agenzia di notizie Sputnik, il Ministro dell’Energia russo Anatoly Yanovsky ha specificato che la fornitura del gas verso la Turchia non subirà interruzioni nonostante quello che è accaduto.
Questo è un periodo importante per la Turchia: c’è di nuovo un governo monocolore e gli scontri tra la polizia, l’esercito ed i militanti del PKK nel Kurdistan settentrionale ormai fanno parte della quotidianità. Dopo più di due anni di guerra in Siria, la Turchia ormai è coinvolta palesemente nel gioco. La presenza dell’ISIS, la sua capacità organizzativa e le sue azioni sono sempre più forti nel paese. La lista di organizzazioni armate che partecipano alla resistenza in Rojava è sempre più lunga e ogni giorno qualche cittadino turco perde la vita durante gli scontri con l’ISIS nel nord della Siria. Infine l’ipotesi di un intervento militare via terra della Turchia in Siria ormai non è più un tabù. ma un tema che viene discusso apertamente.
Il 10 novembre Numan Kurtulus, portavoce del Primo Ministro ha infatti dichiarato: “Potremmo pensare a un intervento nell’ambito di un’operazione collettiva e internazionale. Non è stata presa ancora una decisione, ma stiamo discutendo tutte le possibilità”. E Feridun Sinirlioğlu, il Ministro degli Esteri, durante la sua visita a Erbil il 4 novembre aveva specificato che il governo sta lavorando a un piano d’azione militare contro l’ISIS in Siria. Il 9 novembre in un’intervista rilasciata alla CNN International il Primo Ministro Ahmet Davutoglu aveva specificato che la Turchia era pronta a prendere ogni tipo di provvedimento all’interno di un progetto comune tra gli alleati, come quello di un intervento via terra in Siria.